L'autore, che avrebbe dovuto tenere il comizio a Portella quel 1° Maggio del '47, racconta, da testimone e da protagonista, la vicenda della strage per opera della banda di Salvatore Giuliano.
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Nella forma della conversazione, a cui è sotteso il rigore dello studioso, egli sviluppa una chiave di lettura della strage che la colloca nella dimensione internazionale della "guerra fredda", mettendo in luce come, nell'intreccio perverso tra politica, mafia e banditismo, impegnati nella difesa degli interessi economici e politici degli agrari, all'indomani dell'avanzata del Blocco del Popolo nelle elezioni siciliane del 20 aprile 1947, al fondo della strage si inserisca l'esigenza degli Stati Uniti di esautorare le sinistre dai governi nazionali e regionali delle aree strategicamente rilevanti. Da Portella il racconto passa ai cento anni di storia della Cgil siciliana, che affonda le sue radici nel movimento dei Fasci dei lavoratori e che da lì è venuta poi tessendo per tutto un secolo una trama di lotte e di conquiste che hanno collocato la Sicilia e il popolo siciliano "sul davanti della storia nazionale e internazionale". Terzo momento è quello dedicato all'Autonomia della Sicilia e al suo Statuto. A sessant'anni di distanza, conclude Renda, è innegabile che l'Autonomia abbia dato alla Sicilia un'identità che prima non aveva; è pure vero il fatto che alcune sue caratteristiche, come l'esclusività legislativa, sono all'origine di una condizione di separatezza della vita dell'isola dal resto del paese.
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