Arroccato su un'altura da cui si domina buona parte della valle del Cecina, Montecastelli nacque, alla fine del XII secolo, come una terra-nuova, progettata ex novo per scardinare l'assetto del potere che, fino a quel momento, aveva fatto perno sui conti Alberti. I protagonisti dell'operazione furono il vescovo di Volterra e i membri della schiatta dei Guaschi.
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Gli 'azionisti' di quell'impresa popolarono la terra-nuova con gli uomini provenienti dagli insediamenti di Bucignano, controllato dal presule, e di Gabbro, controllato dai Guaschi. Fu così che a Montecastelli si eressero due porte, l'una chiamata Bucignana, l'altra Gabbregiana: richiamo alle due metà in cui il castello era diviso e ai due signori che l'avevano costruito. Se i prelati riuscirono, nel corso del Duecento, a sottoporre Montecastelli alla loro signoria e a estromettere i Guaschi, un altro attore politico si affacciò sulla scena: il comune di Volterra. Nel 1301, grazie a un colpo di mano, i reggitori cittadini misero le mani sulla terra-nuova, demolendo il palazzo dei vescovi e costruendo - al suo posto - la torre che ancor oggi svetta sul castello. Quella raccontata da Montecastelli è, insomma, una storia densa, che dialoga con le vicende più generali della storia toscana, incrociando alcuni temi decisivi della riflessione storiografica più recente, come la signoria rurale e il sinecismo della popolazione.