In molti Paesi europei le piazze sono piene, le strade invase e lo spazio pubblico è un rituale che crea effervescenza collettiva, solidarietà, capacità di futuro. Una situazione impensabile in Italia, dove le pratiche associative e la partecipazione sociale non alimentano più il circuito della rappresentanza politica. La domanda di futuro rimane drammaticamente separata dalla sua offerta.
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La chiusura nel presente alimenta una politica della paura e della rabbia, dove conta la distanza guadagnata da chi è più debole. Occorre ricostruire la capacità collettiva di futuro nei diritti di cittadinanza, nella rappresentanza politica e nel governo dei luoghi di vita e di lavoro. Occorre fare spazio alla politica per dare voce a chi ha meno potere. Solo in questo modo i bisogni individuali diventano soluzioni universalistiche, generative di nuove forme dell’agire in comune. Un saggio originale sulla necessità di progettare un futuro condiviso a partire dagli spazi della politica e dai luoghi di vita e di lavoro delle persone.
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