Muovendosi tra il pensiero orientale e quello occidentale, e attingendo al suo passato da violoncellista professionista, Sennett ci restituisce una prospettiva critica, ma non pessimista, della performance come arte ambigua. Non bisogna essere disfattisti: un’alternativa etica è possibile.
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“Tutto il mondo è un palcoscenico,” dichiara il malinconico Jacques nella commedia di Shakespeare "Come vi piace". Oggi è più vero che mai. Un gruppo di demagoghi occupa ormai da anni il palcoscenico mondiale. Sono performer brillanti, capaci di catturare il pubblico grazie a carisma e doti retoriche fuori dal comune. L’acclamato sociologo Richard Sennett esplora le complicate connessioni tra performance nella vita, nell’arte e nella politica, partendo dalla inquietante constatazione che il demagogo condivide con il ballerino e il musicista lo stesso regno non verbale di gesti, illuminazione, costumi, scenografie. Allo stesso modo, nei ruoli e nei riti della vita quotidiana anche noi oltrepassiamo spesso il confine della recitazione, in forme che possono essere sublimi o terribili, repressive o liberatorie.
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