Il libro di Daniele Biacchessi, un giornalista già impegnato in inchieste sulle vicende dell'Italia repubblicana, ripercorre, in modo sintetico ma preciso, il caso legato all'omicidio di Luigi Calabresi, il vicedirettore dell'Ufficio politico della Questura di Milano ucciso davanti alla sua abitazione il 17 maggio del 1972.
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Dopo aver ricostruito la scena del delitto, utilizzando le dichiarazioni rese dai testimoni e i riscontri processuali, l'autore si sofferma sulla figura di Calabresi e sul ruolo avuto dal commissario nell'ambito dell'inchiesta sulla strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969. Calabresi aveva diretto le prime fasi delle indagini sulla bomba scoppiata all'interno della Banca nazionale dell'agricoltura e il suo nome era rimasto legato alla morte dell'anarchico Pino Pinelli. Il giovane ferroviere, portato in Questura per un interrogatorio, era deceduto nella notte tra il 15 e il 16 dicembre precipitando dal quarto piano dell'edificio, proprio dal balcone dell'ufficio del commissario. Luigi Calabresi era quindi diventato l'obiettivo di una violenta campagna di stampa, condotta dai gruppi dell'estrema sinistra e in particolare dal quotidiano Lotta Continua. Nonostante i sospetti di un possibile coinvolgimento delle formazioni della sinistra extraparlamentare, per molti anni l'inchiesta sull'assassinio di Calabresi non approdò a nessuna conclusione. Anzi, a fronte di alcuni indizi che sembravano indirizzare la responsabilità dell'omicidio verso Lotta Continua o verso i GAP dell'editore Giangiacomo Feltrinelli, era emersa una pista neofascista, legata a Gianni Nardi e come movente a un'inchiesta del commissario su un traffico di armi internazionale. La morte di Nardi, in Spagna nel 1976, aveva stoppato gli accertamenti in questa direzione. La svolta delle indagini avvenne nel 1988, quando l'ex militante di Lotta Continua Leonardo Marino confessò di essere stato l'autista del commando che aveva ucciso Calabresi, accusando Ovidio Bompressi quale esecutore materiale del delitto e Giorgio Pietrostefani e Adriano Sofri quali mandanti per conto dell'organizzazione Lotta Continua. Nel gennaio del 1997, la sentenza della Corte di Cassazione ha posto fine a un lungo e travagliato iter giudiziario e portato alla condanna definitiva di Sofri, Bompressi e Pietrostefani a 22 anni e a quella di Marino a 11 anni, quest'ultima mai diventata esecutiva per la prescrizione del reato. Daniele Biacchessi segue questo percorso; dà conto, attraverso una serie di colloqui con i protagonisti, delle posizioni di Marino e degli altri imputati; si sottrae alla disputa tra colpevolisti e innocentisti, ma non esita a sottolineare i dubbi che ancora circondano l'assassinio di Calabresi. (a.d.)