Quindici anni di storia dell'Italia repubblicana, quella buia degli anni di piombo (1970-1985), si intrecciano con il percorso personale e politico di una delle protagoniste della lotta armata: Adriana Faranda, dirigente della colonna romana delle Brigate Rosse, condannata per la strage di via Fani e l'omicidio Moro.
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La vicenda attorno a cui ruota l'intero volume è proprio l'omicidio di Aldo Moro, leader della Democrazia Cristiana, avvenuto il 9 maggio del 1978 dopo un sequestro durato 55 giorni. Il titolo del libro è fuorviante: non si tratta solo della biografia di una donna che ha scelto la lotta armata, ma di una lettura dall'interno della storia delle Brigate Rosse, di come erano organizzate e di come si sono autofinanziate, del perché hanno scelto Aldo Moro come obiettivo, di come è avvenuto il sequestro, di quali sono state le possibilità di accordo, del ruolo che ha avuto l'intermediazione dei socialisti, di come si è creata la frattura all'interno del gruppo brigatista in merito alla decisione di uccidere lo statista. Le pagine di questo lavoro, che comunque non intende essere un'opera esaustiva sul gruppo armato, riescono a offrire una ricostruzione densa di particolari del mondo delle Brigate Rosse e di una delle sue militanti più simboliche. La storia della Faranda viene ricostruita sin dall'infanzia in terra siciliana, passando poi attraverso le tappe fondamentali della sua vita: l'impegno giovanile nell'Autonomia romana, la nascita della figlia Alexandra, l'ingresso come "regolare" nelle BR, la delusione per quel modello di vita clandestina, l'esperienza del carcere, la scelta di dissociarsi e la condanna della lotta armata. La stessa brigatista sintetizza cosí la propria disillusione: "Al coraggio di sperimentare il nuovo si preferisce pedissequamente scimmiottare il vecchio. Processi, tribunali del popolo, sentenze in nome del proletariato, scontri frontali, esecuzioni, politica dell'annientamento. Prospettiamo un futuro senza qualità, come il presente che vogliamo distruggere". Come un mosaico, il libro si compone di numerose tessere ben incastonate che si valorizzano l'un l'altra: brani tratti dai colloqui registrati tra la Mazzocchi e la brigatista si affiancano a brevi scritti autobiografici, quasi diaristici, della Faranda stessa; alle testimonianze di persone a lei vicine, come l'ex compagno ed ex terrorista Valerio Morucci, le amiche Laura Braghetti e Lia Lafronte si accostano puntuali selezioni degli atti giudiziari e ricostruzioni dell'autrice. Silvana Mazzocchi ha già trattato i temi del terrorismo e dei misteri italiani scrivendo sulle pagine de La Stampa e de la Repubblica e collaborando con Sergio Zavoli a La notte della Repubblica, la grande inchiesta televisiva sugli anni di piombo. (k.f.)