Tramite il racconto e l'analisi delle esperienze delle associazioni di volontariato di appartenenza, gli autori sostengono la tesi esplicita che è necessario passare dal volontariato consolatorio a quello dei diritti.
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Quindi, un volontariato che non si limiti ad intervenire sulle singole situazioni di bisogno, ma che operi, anche e soprattutto, affinché le istituzioni assumano le iniziative occorrenti per prevenire in tutta la misura del possibile il disagio sociale, per evitare ogni forma di emarginazione e per garantire accettabili condizioni di vita ai soggetti deboli, in particolare a coloro che sono incapaci di autodifendersi: minori privi di adeguato sostegno familiare, persone colpite da handicap, adulti affetti da patologie invalidanti.
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