Il Kosovo come chiave per cambiare i Balcani e come tragico modello degli interventi militari internazionali: un libro-inchiesta illuminante e ben scritto Mafia likes fog, like wolves. La mafia vuole la nebbia, come i lupi. Le parole di un poliziotto kosovaro sono la sintesi di un Paese in cui dieci anni di amministrazione ONU non hanno portato benessere e giustizia, ma miseria e criminalità.
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Dove, in nome della stabilità dei Balcani, si è legittimata una classe dirigente legata a doppio filo con la mafia. Attraverso una scrupolosa inchiesta giornalistica Giuseppe Ciulla e Vittorio Romano tracciano un bilancio a tinte fosche della gestione internazionale: l?insabbiamento dei processi per crimini di guerra, le investigazioni sulle più alte personalità politiche del Paese (tutti o quasi ex comandanti UCK) misteriosamente sparite nel passaggio di consegne dalle Nazioni Unite all?Unione Europea; i rapporti degli osservatori OSCE che denunciano l?inerzia dell?ONU, rimasti lettera morta; le responsabilità degli USA. Il Kosovo è grande quanto l?Abruzzo e con 14.000 soldati NATO dovrebbe essere uno dei posti più sicuri del mondo. Perché allora a nord di Mitrovica si spara ancora? Per i magistrati il Kosovo è uno degli snodi più importanti per il traffico di armi, droga, organi ed esseri umani verso l?Occidente. Come mai quindi alle frontiere nessuno controlla i carichi dei camion? Nel cuore dei Balcani che marciano verso l?Europa il Kosovo è uno Stato delle mafie, autoproclamatosi indipendente, che ci riporta a una nuova guerra fredda. Con abilità narrativa gli autori intrecciano il racconto dei volti e degli avvenimenti incontrati durante la loro inchiesta al più vasto scenario della scacchiera balcanica e delle missioni internazionali di cui il Kosovo rappresenta un tragico modello.
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