Un ergastolano ostativo, da trent’anni ristretto all’interno dei circuiti di Alta Sicurezza delle carceri italiane, descrive le proprie strategie di sopravvivenza in un’autoetnografia scritta con il ritmo di una narrazione.
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Una voce, quella di Salvatore Curatolo, che si leva all’interno delle sezioni detentive speciali a testimoniare lo sforzo del vivere in un contesto che impone un continuo lavoro interiore di adattamento a conflitti, a interazioni, a dolorose trasformazioni. Il perimetro chiuso del carcere si rivela come un contesto di vita estremo, abitato da persone allo sbando dopo traumi e fratture passate e presenti, ognuna alla ricerca di una nuova versione di sé. Il libro si concentra sulla descrizione e sull’analisi sociologica del “carcere duro” enucleandone culture, stratificazione e norme sociali. Su questo sfondo si dipana la vicenda personale di Curatolo che, tra le tecniche e le strategie di reazione possibili per il proprio recupero psicologico e materiale, ha prediletto un percorso formativo scolastico e universitario attraverso cui ha costruito una nuova realizzazione, una diversa prospettiva, una nuova chiave di lettura della propria storia e del proprio futuro.