Il volume, nato come rielaborazione di un precedente lavoro su La Destra radicale pubblicato da Feltrinelli nel 1984, ricostruisce il percorso della destra radicale italiana durante i decenni di storia repubblicana.
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L'impianto documentario su cui poggia la ricerca si basa sul vasto materiale messo a disposizione dalla pubblicistica, ma anche sulle acquisizioni raggiunte dalle diverse Commissioni parlamentari d'inchiesta e sugli accertamenti promossi dalle indagini giudiziarie di maggior rilievo, fino all'inchiesta sulla strage di piazza Fontana guidata dal magistrato milanese Guido Salvini. Franco Ferraresi, per anni docente di Sociologia politica all'Università di Torino e a più riprese consulente della Commissione stragi, utilizza queste fonti in modo disinvolto e con grande padronanza. Sicuramente egli è stato uno dei più autorevoli studiosi italiani di questi argomenti. L'aspetto di maggior interesse del volume risiede nel tentativo di avviare una riflessione generale sul ruolo politico svolto dalla destra radicale nell'ambito del sistema italiano postbellico. La tesi di fondo è che, a dispetto dell'apparente emarginazione, l'area estremista viene recuperata nelle fasi di più forte tensione sociale e utilizzata come sostegno degli interessi dominanti. In particolare, alla fine degli anni Sessanta, "le pur caute aperture del sistema politico verso la sinistra provocarono il panico di settori significativi di una classe dirigente che, lungo tutta la storia dell'Italia unita, non aveva mai esitato a usare mezzi autoritari, anche violando la legalità, pur di tenere le classi lavoratrici lontane dalla gestione del potere. Il lungo periodo della strategia della tensione, iniziato con la strage di piazza Fontana, fu il risultato". Partendo da questa affermazione, Ferraresi sottolinea le ragioni politiche che hanno prodotto la strategia della tensione: la volontà di provocare una svolta autoritaria da parte dello Stato instaurando una situazione di disordine sociale generalizzato, di cui si potesse attribuire la responsabilità alla sinistra. Il libro non offre una definizione complessiva degli anni delle stragi e delle trame golpiste. Coglie tuttavia un aspetto importante, rifiutando la teoria del grande complotto, cioè di un processo diretto di dipendenza tra le diverse azioni eversive. In definitiva, fa emergere i vari livelli di integrazione fra gli attori protagonisti e di complessità delle vicende, che a volte furono dettate effettivamente da disegni preordinati, altre volte furono il frutto di iniziative autonome. (a.d.)