Il 20 marzo del 1979 a Roma fu ucciso il giornalista e direttore dell'agenzia di stampa e della rivista OP, Carmine (Mino) Pecorelli. Poco più di tre anni dopo, il 3 settembre del 1982, un agguato a Palermo pose fine alla vita del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.
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Il 26 novembre del 1992, a 13 anni di distanza dal primo omicidio e a 10 dal secondo, il pentito di mafia Tommaso Buscetta dichiarò alla magistratura che "Pecorelli stava appurando porcherie politiche [_] segreti che anche Dalla Chiesa conosceva. Pecorelli e Dalla Chiesa sono cose che s'intrecciano" (dalle dichiarazioni di Tommaso Buscetta, riportate a p. 22). Il volume di Rita di Giovacchino, giornalista che ha seguito sviluppi e retroscena delle più importanti vicende politiche e giudiziarie degli ultimi anni, ricostruisce il lavoro di Mino Pecorelli, gli scenari in cui maturò il suo omicidio, nonché i suoi legami e le sue frequentazioni con il generale Dalla Chiesa. La ricostruzione degli avvenimenti si basa essenzialmente sui colloqui dell'autrice con i giudici che hanno indagato sull'omicidio del giornalista, sul delitto del generale e sul sequestro dell'onorevole Aldo Moro, rapito e ucciso dalle Brigate Rosse nel corso del 1978; la documentazione è tratta in massima parte dalle ordinanze dei magistrati che nel corso degli anni si sono occupati dei suddetti casi giudiziari e dagli atti delle Commissioni parlamentari sulla Loggia massonica P2, sul caso Moro e sulla mancata individuazione degli autori delle stragi in Italia. L'analisi dei documenti e delle testimonianze raccolte induce Rita di Giovacchino a sostenere, in linea con le dichiarazioni di Buscetta, che Pecorelli e Dalla Chiesa siano stati uccisi per lo stesso motivo. Un unico movente, quindi, che l'autrice individua in rivelazioni scottanti su un importante segreto di Stato (probabilmente l'esistenza della struttura segreta Gladio, di cui si è venuti a conoscenza solo all'inizio degli anni Novanta, dopo la fine della guerra fredda), contenute nelle parti non divulgate del cosiddetto "memoriale Moro", cioè la confessione-testamento che il presidente della Democrazia Cristiana scrisse durante i 55 giorni di prigionia. Una parte del memoriale fu ritrovato, in fotocopia, proprio dal generale Dalla Chiesa nel covo brigatista di via Monte Nevoso a Milano. Secondo l'autrice si può ipotizzare che il generale e il giornalista, tra i quali ci furono frequenti incontri, stessero lavorando per trovare le prove inconfutabili di quanto svelato da Moro e che Pecorelli stesse per pubblicare la parti ancora non divulgate del memoriale. In definitiva, entrambi sarebbero stati uccisi perché sapevano troppo e volevano rivelarlo all'opinione pubblica. (b.s.)